Colori di guerra

Conosco persone di ogni genere. Alcune mi piacciono, e inevitabilmente diventano dolorosi punti di riferimento.
Ho un pò di nausea, c’è troppo colore. Sono fragilissimo quando il vento tira da est.
Esco. Compro una rivista, mi siedo sul muretto e guardo l’indice. La carta è patinata, le foto cristalline.
Bisogna sconfiggere certe debolezze e impararne altre. Sì, un giorno sarò un uomo rispettabilissimo, e poi un
vecchio eccezionale.
Non so mai come vestirmi. Si può essere ridicoli senza essere divertenti.
Al semaforo sfido con gli occhi il motociclista e vinco la gara della pazzia. Non esultare è segno di forza.
La mitologia è innata; è brutale e patetica. Gli antichi romani per esempio indossavano tuniche rosse come il
sole incazzato. A ognuno i suoi eroi.
Cinque anni fa fuggii sui monti e accoppai un lupo con un pugno kung fu. Nessuno vide la scena, però fu una
grande notte: cristo, mi sembrava che nevicasse, che fossi un orgasmo della natura.
Ho cuore e cervello scambiati di posto; conservo tutte le radiografie, innegabili dimostrazioni.
Nei vestiti mi è rimasto quel profumo penetrante, femminile; ci è finito distrattamente, eppure dà conforto,
risveglia, inquieta.
Seguo con lo sguardo un cormorano immaginario: si gratta il culo, sbatte le ali, spelacchiate, perde penne,
decolla, gira, gracchia, eccetera. Poi si tuffa, acciuffa un pescetto, prende quota e torna alla scogliera. Deglutisce
e si addormenta.

Ho un amico che non crede ai medici, ma io non gli credo.

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